Beh, ragazzi, alla luce di quanto stiamo dicendo di "educazione", che ne pensate dell'articolo di Hugo Novotny?
Multiculturalit
à e nonviolenza: nuovi paradigmi nelle relazioni internazionali, sociali e personali
17 Settembre 2007
Le sfide del nostro tempo, condizionate dal processo di transizione dell’umanità verso un nuovo ciclo della sua spirale evolutiva, hanno una portata inedita. Non ci dilungheremo ora sulla globalizzazione e sulle sue conseguenze, sulle minacce del riscaldamento globale, di una catastrofe ecologia o nucleare, del terrorismo, sebbene in qualche misura tutto ciò sia legato al nostro tema.
La questione che, nascendo dal cuore di questo processo, merita oggi la nostra attenzione, è riferita alle particolari caratteristiche dell’attuale bivio storico e alle possibili strade per il suo superamento; alle premesse per la risoluzione della crisi più profonda mai vissuta dall’umanità in tutta la sua storia.
Il potenziale tecnologico accumulato nel nostro pianeta è tale che non è ammissibile continuare a provocare conflitti e guerre. Se si prosegue su questa strada, della civiltà umana non resterà nulla. La comunità mondiale deve prendere coscienza del fatto che l’espansionismo di alcuni popoli o paesi a costo di altri è arrivato all’ultimo limite. L’espansionismo orizzontale non funziona più. È necessario cominciare a crescere in verticale: verso le profondità oceaniche, verso il cosmo, per mezzo di sforzi congiunti. E utilizzando lo stesso metodo, con sforzo congiunto e non concorrenza, risolvere definitivamente i problemi di povertà, alimentazione, malattie mortali; garantire salute ed educazione a un livello degno per tutti.
Il progresso in questa direzione non implica solo nuovi accordi internazionali sul disarmo, ma anche un cambiamento radicale di mentalità: dalla nota filosofia della violenza verso una nuova cultura della nonviolenza; dal concetto di “scontro di civiltà” verso la convergenza di popoli e culture; dalla società del consumo a una vera società umanista che ponga in primo luogo il pieno sviluppo dell’essere umano (nel corpo, nell’anima e nello spirito); garantendo inoltre che tale sviluppo coinvolga non solo alcuni settori privilegiati, ma la società nel suo insieme.
Sarà utile soffermarci su ciascuno dei cambiamenti necessari. Per iniziare, parleremo della cultura della nonviolenza e della sua metodologia, tanto per la risoluzione dei conflitti quanto per la trasformazione della società.
Nella storia troviamo numerosi esempi di persone che ci mostrano il cammino della nonviolenza.
Mahatma Gandhi e il suo movimento di resistenza al colonialismo inglese non solo diedero all’India l’opportunità di ottenere l’indipendenza mediante un cammino nonviolento, ma dimostrarono al mondo che la nonviolenza non è pacifismo, passività, ma una posizione attiva, una metodologia efficace e di alta qualità morale per il raggiungimento di obiettivi politici.
Da parte sua Martin Luther King, dimostrò l’efficacia della metodologia della nonviolenza a livello sociale, guidando il movimento di neri americani che lottavano contro la discriminazione e l’umiliazione che soffrivano nei formalmente “democratici” Stati Uniti d’America.
Tanto M. Gandhi quanto Luther King basarono la propria azione sulle idee di Leone Tolstoj, che sviluppò il concetto del primo cristianesimo di “non opporti al male con la violenza”. Questo insegnamento morale è espresso nel libro di Tolstoj “Il regno di Dio è in voi”, che fu riconosciuto come fonte di ispirazione da gente di diverse latitudini per tutto un periodo storico.
Proseguendo su questa strada, nella nostra epoca Mario Rodriguez Cobos – Silo, filosofo latinoamericano, fondatore della corrente di pensiero nota come Umanesimo Universalista, pensatore o, come è stato chiamato dai media canadesi: il “saggio delle Ande”, afferma:
“Ecco i grandi nemici dell’uomo: la paura delle malattie, la paura della povertà, la paura della morte, la paura della solitudine. Queste sono tutte sofferenze proprie della tua mente; tutte denunciano la violenza interna, la violenza che esiste nella tua mente. Considera che questa violenza deriva sempre dal desiderio. Quanto più violento è un uomo, tanto più grossolani sono i suoi desideri… Nel pianeta non c’è partito né movimento che possa porre termine alla violenza. Puoi porre fine alla violenza, in te e negli altri e nel mondo che ti circonda, unicamente con la fede interiore e la meditazione interiore… Porta la pace in te e portala agli altri”.
Davanti a noi una prospettiva completamente nuova: i nemici non sono fuori, ma dentro l’essere umano e superarli nella propria coscienza, per mezzo della riconciliazione interna, è il compito vitale più importante e, allo stesso tempo, un cammino reale di trasformazione del mondo che ci circonda. In questo modo si elimina alla radice la divisione di confronto tra “noi” e “loro” che ha condizionato per tanto tempo la relazione violenta e discriminatoria verso gli “altri”.
È evidente che in tutte le culture e in tutte le epoche sono esistiti persone e movimenti che hanno lottato per un mondo più umano con metodi nonviolenti. È indispensabile prestare maggiore attenzione, studiare attentamente queste esperienze storiche alla ricerca di mezzi alternativi e di alta qualità morale che aiutino a superare l’attuale crocevia della civiltà. Non si può guardare la storia come una semplice cronologia di guerre e conflitti, come un processo di perfezionamento delle tecnologie di distruzione; al fine di garantire la sopravvivenza e lo sviluppo successivi dell’umanità è necessaria una nuova visione del mondo, della storia e di conseguenza del futuro. È di massimo interesse l’esempio storico di Federico II, imperatore romano-germanico del sec. XIII la cui saggia politica consentì non solo di recuperare Gerusalemme per il mondo cristiano senza spargere una sola goccia di sangue, grazie a un accordo con il sultano arabo Al-Kamil, ma anche di costruire uno stato multiculturale fiorente. Un’esperienza su cui oggi sarebbe necessario soffermarsi a pensare.
È evidente che nella situazione attuale il concetto di “multiculturalità” ha un enorme significato. Presuppone non solo un atteggiamento di rispetto verso i rappresentanti di altre culture (che oggi non è poco), ma anche la creazione di spazi per il dialogo, la collaborazione e la convergenza delle più diverse culture; lo sviluppo di concetti e di procedimenti che rendano possibile tale convergenza, in luogo dell’ancora vigente comportamento bestiale, indegno per l’essere umano del XXI secolo, di aggressione e dominazione di alcuni popoli su altri, giustificato dall’idea dello “scontro di civiltà”.
Credo che sia necessario sottolineare e precisare ulteriormente il concetto enunciato.
Per “multiculturalità” intendiamo non solo il rispetto verso “l’altro”, la tolleranza, ma anche l’interazione costruttiva, la convergenza di culture diverse sulla base del mutuo riconoscimento dei loro momenti umanisti, così come la possibilità di condividere esperienze spirituali profonde tra persone di culture e confessioni diverse, o di convinzioni atee.
Questo ultimo punto è di enorme attualità per il momento che viviamo, quando il confronto tra diverse confessioni religiose è utilizzato da determinati circoli di potere come giustificazione per il conflitto armato. La fede, la religiosità, è una forza potentissima che cresce dall’interno dell’essere umano e può essere indirizzata verso la costruzione o verso la distruzione. Da questa scelta dipende molto il superamento, da parte dell’umanità del XXI secolo, del punto di bivio evolutivo verso un mondo fondamentalmente nuovo, nonviolento; oppure, in caso contrario, la liquidazione totale della specie umana.
In questo senso sono di particolare interesse gli esempi della Russia e, nel secolo scorso, dell’Unione Sovietica, in grado di creare uno stato multiculturale e multiconfessionale; un’esperienza di coesistenza costruttiva tra popoli tanto diversi in un territorio comune. Proprio tali esperienze sono necessarie nel mondo di oggi per avanzare verso la nazione umana universale che già inizia a delinearsi.
E un’altra questione, molto importante per il momento attuale, legata alla visione cosmologica, al concetto del mondo che possa servire da base per una società veramente umanista.
Quando l’essere umano uscì dai limiti della Terra e, con i suoi occhi, navigando vide questa sfera, questa meravigliosa sfera azzurra che fluttuava nel cosmo, comprese che il suo mondo è un’unità, senza frontiere che dividono i popoli; comprese che non è solo nella sua città, nel suo paese, nel suo continente, nel suo pianeta. Quando l’essere umano vide il suo fragile mondo solcando lo spazio tra milioni di stelle e di galassie, sentì, dal profondo del suo cuore, un indescrivibile amore per la vita, per l’umanità, per tutto ciò che esiste… Esattamente questo sentimento è in grado di ispirare nelle persone cambiamenti significativi nella loro visione del mondo e nel loro comportamento, di spingere profonde trasformazioni nella direzione dell’umanizzazione della Terra.
Quindi la nonviolenza, la multiculturalità, l’atteggiamento aperto al dialogo e la riconciliazione, l’esperienza spirituale condivisa; l’amore per l’essere umano, la natura e tutto ciò che esiste; una nuova visione del mondo dal punto di vista del cosmonauta, sono pilastri dell’Umanesimo Universalista e, allo stesso tempo, sono premesse necessarie per il successivo sviluppo dell’umanità nella sua spirale evolutiva.
Abbiamo parlato di concetti, di procedimenti e anche di spazi che possano favorire il processo di convergenza di culture, l’elevazione spirituale e morale dell’essere umano. Nella costruzione di tali spazi lavorano oggi gli umanisti in diversi punti del pianeta. Si tratta dei parchi multiculturali del Messaggio di Silo. Due di essi sono già pienamente funzionanti in America Latina: il Parco La Reja, nei dintorni di Buenos Aires, Argentina e il Parco Manantiales nelle vicinanze di Santiago del Cile. Tra di essi, in piena Cordigliera delle Ande, vicino al monte Aconcagua, all’altezza di 2.700 m si trova il Parco Punta de Vacas, un parco con significato mondiale. All’apertura di questo Parco, il 4 maggio di quest’anno, sono arrivati quasi 10.000 pellegrini e visitatori da tutti i continenti in cerca di ispirazione per il loro lavoro nel campo dell’umanesimo e della nonviolenza. Sono anche iniziati i lavori di costruzione di parchi simili a Caucaia (Brasile), Attigliano (Italia), Toledo (Spagna), California (per l’America del Nord, Bombay (per l’Asia) e Alessandria (per Medio Oriente e Africa). Tutti questi punti hanno un grande significato storico come luoghi di incontro tra popoli, culture e confessioni.
Per terminare, altro sulla diffusione e la realizzazione delle idee espresse. Per una risoluzione delle Nazioni Unite in memoria della nascita di Mahatma Gandhi, il 2 ottobre è stato dichiarato Giornata Internazionale della Nonviolenza. Si tratta di un avvenimento importante: in primo luogo perché implica un riconoscimento della validità universale della nonviolenza; in secondo luogo perché gli eventi che si realizzeranno contemporaneamente quel giorno in tutto il mondo possono influire molto positivamente nella diffusione delle idee e della metodologia della nonviolenza applicate alle relazioni internazionali, sociali e interpersonali. Sarà importante la partecipazione alle attività corrispondenti, non solo da parte di persone e organizzazioni di tutti i paesi, ma anche di diversi strati sociali, di organizzazioni sociali, governative e, in particolare, la più attiva partecipazione da parte di bambini e giovani, come eredi e costruttori del nuovo mondo che sta nascendo sotto i nostri occhi.
In particolare, dal nostro Centro, proponiamo di includere tra le risoluzioni della presente conferenza un punto riferito all’appoggio a tale evento.
Hugo Novotny
CEHM (Centro Mondiale Studi Umanisti)
http://www.terra2.tv/2007/09/13/cosa-e-la-nonviolenza-un-documentario-parte-1-di-4/
N.B.: GLI STUDENTI UNIVERSITARI INTERESSATI SI COLLEGHINO SU sito di ignaziol icciardi